Noi scrittori e artisti lavoriamo nelle tenebre, e come ciechi soppesiamo l’oscurità.
José saramago
Taglio le cinghie che legano i polsi, taglio la stringa intorno al mio collo, taglio la corda e mi staglio nel vento. Taglio la tela e rotolo fuori dal Sanatorio ossimorico, dove notte dopo notte ho perso il sonno, il senno e tutti i sensi in ogni senso. Per non farmi trovare dall’altro me stesso, che lì mi ha rinchiuso quando ero solo un bambino solo.
Ora corro a gambe levate nell’ora più buia a cuore lavato. Taglio dai campi di miglio, corro per miglia oltre il bosco di tigli. Taglio i ponti con il mio doppelgänger, taglio il traguardo ma arrivo secondo, come il primo degli ultimi. Taglia il nastro il mio io più veloce, senza dubbio il mio io più feroce, il mio oscuro e fedele nocchiero, il fratello mio carceriere, che nella torre da me costruita mi ha rinchiuso e nelle mie mani ha gettato la chiave. Non sono mai riuscito a scappare con me di guardia a impedirmi la fuga, ho atteso paziente nel buio di cogliermi in fallo e fuggire lontano. Tagliato fuori dal mondo, sono l’anima dannata messa a guardia del mio inferno, sono l’assassinato e l’omicida, sono il mio doppio e l’incontro allo specchio è presagio di morte. Sono Mozart e Salieri, Caino e Abele, sono Iago ed Otello e sono sempre io la mia Lady Macbeth. Attendo da tanto ma il giorno è arrivato, cala la tela sul mio esilio malato. Un asino raglia e mi da la sveglia, non voglio più frequentarmi, non voglio neanche parlarmi. Taglio ogni legame dalla mia parte più scura, con un netto colpo di scure. In un vuoto ospedale allo psichiatra cade la penna e la mascella quando cedo il passo al mio ospite indesiderato, che giunge non appena chiamato. Arriva e taglia le parole con il suo acido sarcasmo, che marca la distanza tra i suoi sogni pantagruelici e i miei tenui desideri di piccola taglia. Taglio corto. Io sono la mia ombra. E non posso tagliarmela via. Quindi continua a tagliarmi, a farmi a pezzi e divorarmi e poi corro per mille miglia lontano da me, prima che la mia paura ti raggiunga ovunque e ti preghi di tornare. Ora taglia l’ombra l’affilato fascio di luce. Taglia l’aria il suo sguardo d’ambra, che mi toglie il respiro, che come un maglio mi schiaccia. Squarcia l’armatura e la cotta di maglia fino a tagliarmi la pelle. Toglimi il cuore, dacci un taglio e portatelo via, perché già ti appartiene. Torniamo alla torre, rimettiti in guardia, è stato solo un momento ma è già passato, di te ho bisogno, tu mi dai fiato. È sempre stato così da quando son nato, ritagliandosi un posto nel mio Spazio Mentale Occupato.