“Da quel momento — a questo…
potrebbero essere anni nel modo in cui loro misurano,
ma nella mia mente è solo una frase —
Ci sono così tanti giorni
in cui la vita si ferma, accosta e si siede
e aspetta come un treno sui binari”
Charles Bukowski
Fermo. Taccio. Ascolto. Respiro lungamente e ricordo.
Si. Io me li ricordo i capelli tuoi che sciolti e raccolti davano luce ed ombra al nostro piccolo e proibito mondo. Ricordo.
Si. Io li ricordo castani, come il campo di grano in fiamme vicino Mont Saint Jean, come il moschetto che stringevo forte tra dita callose e tremanti dove ho inciso il nome tuo.
Ricordo che attendevamo le cariche di cavalleria dell’Armée du Nord. Ricordo che anche allora, in ogni istante di quella sosta, tra un frastuono e l’altro ancora più forte, sognavo in una locanda lercia di farti di nuovo mia. Con le mani mie da orco sul corpo tuo di fata, sotto stelle in fiamme sopra Waterloo.
Si. Io me lo ricordo, l’odore acre di ammutinamento e di bile sul cassero. Ricordo il sangue in bocca per lo scorbuto e carne di montone essiccata da mandare giù a fatica. Ricordo ogni venaturadell’albero di maestra della Eendracht dove ho inciso le tue iniziali. Ricordo il giro di chiglia per averlo fatto. Ricordo ogni tempesta mentre doppiavamo capo Horn con quel demone di Schouten. Ricordo. Sì. Ricordo il bompresso in frantumi. Ricordo onde alte come palazzi che schiumavano ruggendo a tribordo e tra una e l’altra ricordo, in quella sosta, di aver fissato sulla maestra le tue iniziali graffiate. Aggrappato alle gomene, aggrappato a quelle lettere, ricordo che mi hai tenuto in vita. Perché volevo vivere e tornare. Per tornare a vederti danzare sul mio petto con piedi di bimba. Tornare per viverti ancora.
Fermo. Taccio. Ascolto. Respiro lungamente e ricordo. Ricordo il carcere e il rumore dei manganelli sulle sbarre.
Ricordo le risse e le docce, ricordo le ispezioni umilianti e le morti. In ogni sosta di quel forte rumore di nulla, nell’ora d’aria, ricordo di aver sognato la fuga. Dall’infermeria alle cucine, dalle cucine alla lavanderia, dalla lavanderia alla strada e dalla strada a te. Ricordo che il sogno finiva con le guardie che riportavano me nella mia 2×2. Ricordo il ronzio che annunciava lo spegnimento delle luci e un’altra notte per ricordarti. Ricordo che ogni giorno attendevo la notte per poter chiudere finalmente le palpebre, dove all’interno ho tatuato il viso tuo, per non scordarlo mai.
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